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Corona virus

Analyse sectorielle : Corona virus. Recherche parmi 300 000+ dissertations

Par   •  1 Avril 2020  •  Analyse sectorielle  •  946 Mots (4 Pages)  •  505 Vues

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1) Durante la trasmissione televisiva su Rai 2 “Speciale TG2 - Italia zona protetta” di martedì 10 marzo, uno degli ospiti intervistati, Pietro de Leo, giornalista de Il Tempo, ha osservato come l’attuale critica situazione di pandemia induca l’opinione pubblica ad un riscatto e ad una valorizzazione della Scienza come fonte più attendibile a cui rivolgersi ai tempi di Internet e dei social. Infatti egli ha affermato che “ capire” è più difficile e complesso che “credere”, ma che è necessario non affidarsi a voci eterogenee, a volte contraddittorie e incompetenti che in realtà confondono anziché fare chiarezza. Si è inoltre sottolineata, a questo proposito, la responsabilità degli stessi scienziati e dei giornalisti (ha osservato la giornalista Laura Berti), tenuti, questi ultimi, a fornire informazioni con più chiarezza e correttezza, e a non fare, ad esempio, filtrare un provvedimento, magari in modo inesatto, prima che sia stato definito ed emanato. Tu cosa pensi di questi argomenti dibattuti durante la trasmissione? Sei d’accordo? Puoi presentare argomenti a sostegno della tua opinione anche riferendoti ad eventi di cronaca attuale?

LUCREZIA LAURA FILOMENO

Argomento 1

Se c’è una cosa che certamente ricorderemo quando, come spero, la pandemia da coronavirus sarà un lontano ricordo, è l'importanza della scienza e della collaborazione internazionale e senza precedenti degli scienziati di tutto il mondo per l’individuazione di un farmaco antivirale contro il coronavirus.

Tuttavia, pur riconoscendo il ruolo cruciale della scienza nella lotta al coronavirus e a supporto dei nostri politici per le decisioni da prendere, ritengo che i media stiano abusando nell’affollare gli studi televisivi con una miriade di scienziati dai pareri talvolta contrastanti. Personalmente, più che ai vari esperti che si sovrappongono ogni giorno in televisione, ho più fiducia nei team di ricerca che lavorano instancabilmente giorno e notte per individuare un vaccino efficace.

Dal 21 febbraio, giorno in cui venne individuato in Italia il primo italiano positivo al coronavirus, il famoso “paziente 1”, le scalette televisive sono state totalmente ridisegnate. Le nuove star sono diventate i virologi e tuttora non c’è talk-show che non ne ospiti uno, non c’è conduttore che non chieda loro un parere, come se fosse il bollino di garanzia necessario per dare vita a qualsiasi tipo di dibattito sull’epidemia in corso.

Alcuni virologhi all’inizio erano i normalizzatori della situazione, sostenevano che il coronavirus fosse una semplice influenza o poco più. Altri, invece, invocavano misure di sicurezza e prevenzione per cercare di fermare il diffondersi del virus alla radice, anche con metodi drastici.

Mentre seguivo questi dibattiti ero sempre più confusa e, sono certa, molti altri come me. Avevano ragione quelli che negavano l’emergenza e lanciavano appelli alla normalizzazione, addirittura ridicolizzando la paura per il virus con un atteggiamento di quasi menefreghismo verso il contagio, o quelli che volevano chiudere i confini e obbligare le persone a stare a casa?

Con il diffondersi dell’epidemia i negazionisti hanno modificato il loro parere, sostenendo che effettivamente ci si trova in una situazione di emergenza per la presenza di molti casi critici che in pochissimi giorni

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