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Poèmes et mise en contexte sur la 1ère guerre mondiale

Commentaire de texte : Poèmes et mise en contexte sur la 1ère guerre mondiale. Recherche parmi 300 000+ dissertations

Par   •  27 Septembre 2022  •  Commentaire de texte  •  2 431 Mots (10 Pages)  •  447 Vues

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Textes à lire à haute voix : La Première Guerre mondiale par les Européens

1- Emilio Lussu (1890 – 1975), Un anno sull’altipiano, 1960

Il libro fu scritto nel 1936: fu pubblicato in Francia nel 1938 e in Italia nel 1945. Racconta la Grande Guerra, in particolare ciò che accadde sull’Altipiano di Asiago nel periodo compreso fra il giugno del 1916 e il luglio del 1917. Fu un anno di assalti a trincee inespugnabili e di battaglie assurde, volute da comandanti imbevuti di retorica patriottica e di vanità; gli episodi, spesso tragici, talvolta grotteschi, sono raccontati da Lussu senza toni polemici e rivelano gli orrori della guerra nella sua dura realtà: descrivono in particolare i sentimenti dei soldati, i loro drammi, gli errori e le disumanità che avrebbero portato alla disfatta di Caporetto.

Emilio Lussu: Uomo politico e scrittore italiano (ArmungiaCagliari, 1890 – Roma, 1975). Fu interventista e ufficiale nella prima guerra mondiale; nel 1919 fondò il Partito sardo d’azione, una formazione autonomista democratica composta in gran parte di ex combattenti. Deputato nel 1921 e nel 1924, partecipò alla secessione aventiniana e fu energico antifascista. Arrestato nel 1926 e deportato a Lipari, ne evase nel 1929 con F. Nitti e C. Rosselli, con i quali fondò a Parigi il movimento Giustizia e Libertà. Partecipò alla guerra di Spagna e alla Resistenza in Francia e poi in Italia.

(Tratto da http://www.grandeguerraproject.org)

“Il cannone aveva ottenuto, per solo risultato, la ferita del puntatore e del tenente. I guastatori erano caduti tutti. Ma l’assalto doveva aver luogo egualmente. Il generale era sempre là, come un inquisitore, deciso ad assistere, fino alla fine, al supplizio dei condannati. Mancavano pochi minuti alle 9.

Il battaglione era pronto, le baionette innestate. La 9° compagnia era tutta ammassata attorno alla breccia dei guastatori. La 10° veniva subito dopo. Le altre compagnie erano serrate, nella trincea e nei camminamenti e dietro i roccioni che avevamo alle spalle. Non si sentiva un bisbiglio. Si vedevano muoversi le borracce di cognac. Dalla cintura alla bocca, dalla bocca alla cintura, dalla cintura alla bocca. Senza arresto, come le spolette d’un grande telaio, messo in movimento.

Il capitano Bravini aveva l’orologio in mano, e seguiva, fissamente, il corso inesorabile dei minuti. Senza levare gli occhi dall’orologio gridò:

– Pronti per l’assalto! Poi riprese ancora:
– Pronti per l’assalto! Signori ufficiali, in testa ai reparti!

Il sergente dei guastatori ferito continuava a gridare: – Avan…

Gli occhi dei soldati, spalancati, cercavano i nostri occhi. Il capitano era sempre chino sull’orologio e i soldati trovarono solo i miei occhi. Io mi sforzai di sorridere e dissi qualche parola a fior di labbra; ma quegli occhi, pieni di interrogazione e di angoscia, mi sgomentarono.

– Pronti per l’assalto! – ripeté ancora il capitano.

Di tutti i momenti della guerra, quello precedente l’assalto era il piú terribile.

L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? Le mitragliatrici, tutte, sdraiate sul ventre imbottito di cartucce, ci aspettavano. Chi non ha conosciuto quegli istanti, non ha conosciuto la guerra.

Le parole del capitano caddero come un colpo di scure. La 9° era in piedi, ma io non la vedevo tutta, talmente era addossata ai parapetti della trincea. La 10° stava di fronte, lungo la trincea, e ne distinguevo tutti i soldati. Due soldati si mossero ed io li vidi, uno a fianco dell’altro, aggiustarsi il fucile sotto il mento. Uno si curvò, fece partire il colpo e s’accovacciò su se stesso. L’altro l’imitò e stramazzò accanto al primo. Era codardia, coraggio, pazzia? Il primo era un veterano del Carso.

– Savoia! – gridò il capitano Bravini. – Savoia! – ripeterono i reparti.

E fu un grido urlato come un lamento ed un’invocazione disperata. La 9°, tenente Avellini in testa, superò la breccia e si slanciò all’assalto. Il generale e il colonnello erano alle feritoie.

-Il comando di battaglione esce con la 10°, – gridò il capitano.

E quando la testa della i10° fu alla breccia, noi ci buttammo innanzi. La 10°, la 11° e la 12°, seguirono di corsa. In pochi secondi tutto il battaglione era di fronte alle trincee nemiche.

Che noi avessimo gridato o no, le mitragliatrici nemiche ci attendevano. Appena oltrepassammo una striscia di terreno roccioso ed incominciammo la discesa verso la vallata, scoperti, esse aprirono il fuoco. Le nostre grida furono coperte dalle loro raffiche. A me sembrò che contro di noi tirassero dieci mitragliatrici, talmente il terreno fu attraversato da scoppi e da sibili. I soldati colpiti cadevano pesantemente come se fossero stati precipitati dagli alberi.

Per un momento, io fui avvolto da un torpore mentale e tutto il corpo divenne lento e pesante. Forse sono ferito, pensavo. Eppure sentivo di non essere ferito. I colpi vicini delle mitragliatrici e l’incalzare dei reparti che avanzavano alle spalle mi risvegliarono. Ripresi subito coscienza del mio stato. Non rabbia, non odio, come in una rissa, ma una calma completa, assoluta, una forma di stanchezza infinita attorno al pensiero lucido. Poi anche quella stanchezza scomparve e ripresi la corsa, veloce.

Ora, mi sembrava di essere ridivenuto calmo, e vedevo tutto attorno a me. Ufficiali e soldati cadevano con le braccia tese e, nella caduta, i fucili venivano proiettati innanzi, lontano. Sembrava che avanzasse un battaglione di morti. Il capitano Bravini non cessava di gridare:

– Savoia!

Un tenente della IIa mi passò vicino. Era rosso in viso e impugnava un moschetto. Era un repubblicano e aveva in odio il grido d’assalto monarchico. Egli mi vide e gridò:

– Viva l’Italia!

[pic 1]

Emilio Lussu nel 1914. Wiki Images


2- Giuseppe Ungaretti (1888 -1970) : Les fleuves / I fiumi

Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1888, da genitori venuti da Lucca. Compi gli studi a Parigi, dove incontrò Papini, Soffici, Palazzeschi. Nel 1914, di ritorno in Itali, partecipò alla campagna per l’intervento. Venuta la guerra, si arruolò soldato nel 19° reggimento di fanteria e combattè sul Carso e sui fronte della Champagne.

(Extrait du site : http://www.barapoemes.net)

I fiumi

 

Mi tengo a quest’albero mutilato

Abbandonato in questa dolina

Che ha il languore

Di un circo

Prima o dopo lo spettacolo

E guardo

Il passaggio quieto

Delle nuvole sulla luna

 

 

Stamani mi sono disteso

In un’urna d’acqua

E come una reliquia

Ho riposato

 

 

L’Isonzo scorrendo

Mi levigava

Come un suo sasso

 

Ho tirato su

Le mie quattr’ ossa

E me ne sono andato

Come un acrobata

Sull’acqua

 

 

Mi sono accoccolato

Vicino ai miei panni

Sudici di guerra

E come un beduino

Mi sono chinato a ricevere

Il sole

 

 

Questo è l’Isonzo

E qui meglio

Mi sono riconosciuto

Una docile fibra

Dell’universo

 

Il mio supplizio

È quando

Non mi credo

In armonia

 

 

Ma quelle occulte

Mani

Che m’intridono

Mi regalano

La rara

Felicità

 

 

Ho ripassato

Le epoche

Della mia vita

 

 

Questi sono

I miei fiumi

 

 

Questo è il Serchio

Al quale hanno attinto

Due mil’anni forse

Di gente mia campagnola

E mio padre e mia madre.

 

 

Questo è il Nilo

Che mi ha visto

Nascere e crescere

E ardere d’inconsapevolezza

Nelle distese pianure

 

 

Questa è la Senna

E in quel suo torbido

Mi sono rimescolato

E mi sono conosciuto

 

 

Questi sono i miei fiumi

Contati nell’Isonzo

 

 

Questa è la mia nostalgia

Che in ognuno

Mi traspare

Ora ch’è notte

Che la mia vita mi pare

Una corolla

Di tenebre

 

Cotici il 16 agosto 1916

“Il porto sepolto”

 

Vita d’un uomo. Tutte le poesie

Mondadori editore, Milano, 1969

Les fleuves

 

 

Je m’appuie à un arbre mutilé

Abandonné dans cette combe

 

Qui a la langueur

 

D’un cirque

 

Avant ou après le spectacle

 

Et je regarde 

Le passage paisible

Des nuages sur la lune

Ce matin je me suis étendu

Dans l’urne de l’eau

Et comme une relique 

J’ai reposé

L’Isonzo en coulant

Me polissait

Comme un de ses galets

J’ai ramassé

Mes os

Et m’en suis allé

Comme un acrobate

Sur l’eau

Je me suis accroupi

Près de mes habits

Sales de guerre

Et comme un bédouin

Je me suis prosterné pour recevoir

Le soleil

Voici l’Isonzo

Et mieux ici

Je me suis reconnu

Fibre docile 

De l’univers

 

 

Mon supplice 

C’est quand 

Je ne me crois pas 

En harmonie 

 

Mais ces occultes 

Mains 

Qui me pétrissent 

M’offrent 

La rare 

Félicité

 

 

J’ai repassé

Les époques

De ma vie

Voici

Mes fleuves

Celui-ci est le Serchio

C’est à lui qu’ont puisé

Deux mille années peut-être

De mon peuple campagnard

Et mon père et ma mère

 

Celui-ci c’est le Nil

Qui m’a vu

Naître et grandir

Et brûler d’ingénuité

Dans l’étendue de ses plaines

Celle-là est la Seine

Dans ses eaux troubles

S’est refait mon mélange

Et je me suis connu

Ceux-là sont mes fleuves

Comptés dans l’Isonzo

Et c’est là ma nostalgie

Qui dans chaque être

M’apparaît

A cette heure qu’il fait nuit

Que ma vie me paraît

Une corolle

De ténèbres

Cotici, 16 août 1916

 

Traduit de l’italien par Jean Lescure

In, Giuseppe Ungaretti : « Vie d’un homme : Poésie 1914-1970 »   

Editions Gallimard (Poésie), 1981

Giuseppe Ungaretti, vers 1914. Wiki Images

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