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Il Paese Della Dolce Vita ( étude de texte en espagnol)

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Par   •  3 Janvier 2015  •  1 541 Mots (7 Pages)  •  761 Vues

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Il Paese della dolce vita

Pizza, spaghetti, mandolino

Le generalizzazioni si prestano a rischi, quale quello di assottigliare tanto il confine tra la descrizione e il giudizio da rendere la lusinga una macchietta. In una scena di un film della serie di “Fantozzi”, che il critico cinematografico Paolo Mereghetti definisce “una nuova maschera, l’unica veramente originale della comicità italiana degli ultimi trent’anni”, un turista straniero riassume gli italiani nella triade “pizza, spaghetti, mandolino”.

È così che quelli che sono elementi della tradizione si perdono nella banalizzazione del luogo comune. La figura trita e abusata del napoletano emigrante appare di sfuggita, ma in modo significativo e in definitiva malinconico, nel film di Massimo Troisi Ricomincio da tre . All’affermazione: “Napoletano”, Gaetano, interpretato da Troisi, si sente regolarmente chiedere: “emigrante?”. All’ennesima domanda, il protagonista rinuncia a spiegare che è in viaggio di piacere e mormora un rassegnato “sì”.

La figura dell’italiano borioso e latin lover è magistralmente interpretata dal compianto Alberto Sordi, che, in Un americano a Roma , scimmiotta l’italiano esterofilo, che rinnega le proprie origini, ma non riesce a staccarsi dal suo piatto di spaghetti.

Certo è che la percezione che un italiano ha di sé è inevitabilmente diversa dal ritratto che, nell’immaginario collettivo o nell’esperienza di lavoro o di vacanza, si è formato uno straniero. Se si vuole conoscere il parere di autorevoli ospiti dell’Italia, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Escludendo un nume letterario quale Goethe e il suo Viaggio in Italia , si consiglia un libro divertente, anche se talvolta cinico e non privo di luoghi comuni: Gli innocenti all’estero di Mark Twain. È un esilarante resoconto di viaggio in Europa e in Terra Santa, in cui Mark Twain racconta storie di viaggiatori “innocenti” perché sprovvisti di conoscenze linguistiche, artistiche e anche sociali.

Il Bel Paese

Prima di un formaggio, è l’Italia. Così è stata chiamata dall’abate Antonio Stoppani (1824-1891), scienziato che le dedicò un libro con questo titolo.

Al di là delle macchiette, tutti concordano sulla bellezza, sorprendente e varia, di questo stivale di terra in mezzo al mare. La varietà gli è data da un paesaggio che è di rocce aspre, dove persino la neve fatica ad aggrapparsi, di pianura brumosa e malinconica, di spiagge e pinete senza soluzione di continuità e di cale che racchiudono acque di smeraldo, di città frenetiche in cui il tempo è battuto a ritmo tanto intenso da stordire e di colline su cui sonnecchiano dal Medioevo paesi con torri e mura, dove all’urgente si preferisce l’importante.

Sulle mutevoli note del paesaggio si accordano le vite, i caratteri e le lingue (perché tali sono i dialetti) degli abitanti di questa terra. A Spello, un milanese spazientito può sentirsi bonariamente canzonare per la fissa della puntualità e dell’efficientismo da un umbro che gli dirà: “Calma! Non siamo a Milano, noi siamo francescani!”. E un toscano che entri in uno dei tanti bacari veneziani per un’ ombra , paragonando il ciacolàr dei veneziani alla vigorosa asciuttezza della propria chiacchiera, troverà infinite differenze di cadenza, ritmo, tono e senso dello humour.

“Sono però diversità vissute come fatti della natura, che... non conducono al distacco”, scrive Guido Piovene (1907-1974). Vale la pena leggere il suo Viaggio in Italia: partendo da Bolzano, si percorrerà tutto il paese alla ricerca dell’anima di ogni regione e dei suoi abitanti. È il resoconto di un italiano che ha guardato con occhio curioso e lucido ogni angolo della sua terra.

Un film, un maglione, un modo di vita

Al 1960 risale un film di Fellini che doveva avere influssi linguistici, oltre che sociali, La dolce vita . Nel film si sente per la prima volta il termine “paparazzo” e da allora si è iniziato a portare il dolcevita, come alcuni dei protagonisti.

Un modo di vita un po’ scioperato, che gravita intorno alla prestigiosa Via Veneto e che comprende un ormai mitico bagno nella Fontana di Trevi, appartiene al cinema d’autore, più che alla vita degli italiani.

“Il nostro è un popolo ricco delle virtù più umili”. Una benevola schiettezza di carattere, la tavola, la cura riservata alle tradizioni, siano legate al ciclo vitale della natura (Calendimaggio) o alla fede (celebrazioni pasquali e natalizie), sono il comune denominatore degli italiani, anche se carattere, cucina e tradizioni si articolano in modo peculiare ad ogni regione. Bisognerà forse ricordarlo quando si affaccia, allettante e pericolosa, la tentazione della generalizzazione.

La nostra “dolce vita” non ha niente a che fare con il “dolce far niente”. È, piuttosto, il desiderio di corrispondere, con quotidiana fatica e un po’ di estro, alla bellezza che madre natura e l’opera di italiani di genio hanno generosamente regalato a questo stivale di terra in mezzo al mare.

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